Librairie L'Invit'à Lire, Paris Poétesse, écrivaine, elle produit des poèmes dès l'âge de 20 ans. Elle est l'auteure notamment d'À bout portant, Les femmes qui montent au ciel, Karina song.
Soutien Marie-Laure de Decker-Petition en ligne-
Soutien Boris Taslitzky-
Madame, Monsieur, chers amis,
Quelques personnes m’ont dit qu’elles avaient eu des difficultés à trouver la pétition sur www.petitions24.net <http://www.petitions24.net>
La pétition a été mise en ligne le 12/08/2015.
Elle s’intitule « Sauvegarder les œuvres de Boris Taslitzky à Levallois-Perret »
Merci de votre soutien.
Évelyne Taslitzky
Juin 2015
SOMMAIRE ET INFORMATIONS: artnews.com/toc/women-in-the-art-world/
OCTOBRE 2015
Chantal Akerman
lit Proust
NOVEMBRE 2015
The double Star (l’étoile double) Avril 1864@ Julia Margaret Cameron
Adam et Eve. Vers 1890.@Eveleen Myers
Petrolio- la déclaration de la nouvelle attitude sceptique et engagée par Pier Paolo Pasolini
Appunto 84. Il gioco
Ci sono delle persone che non credono in niente fin dalla nascita. Ciò non toglie che tali persone agiscano, facciano qualcosa della loro vita, si occupino di qualcosa, producano qualcosa. Altre persone invece hanno il vizio di credere : i doveri si concretizzano davanti ai loro occhi in ideali da realizzare.
Se un bel giorno costoro non credono più – magari piano piano, attraverso una serie successiva, logica o magari illogica, di disillusioni – ecco che riscoprono quel ‘nulla’ che per altri è stato sempre, invece, così naturale. [...] io parlo di coloro che un bel giorno, tirando le somme, vengono alla conclusione di aver scoperto il ‘nulla’ sociale. Niente ritiro dal mondo, quindi : anzi, partecipazione più fitta : tanto più fitta quanto più in malafede, necessitata dalla mancanza di alternative, e intesa come parodia. [...]
Lo stato d’animo di chi vive questa esperienza del mondo, capito finalmente come nulla, e con pazienza illuminata riaccettato nella pratica – è l’irrisione. Chi irride una parte del mondo sociale, mettiamo la borghesia conformista che senza capir nulla passa da una fase all’altra, dalla pace alla guerra, dal benessere alla strage, dalle abitudini all’annientamento totale, non può non irridere insieme anche chi sa questo. L’irrisione non può che riguardare tutta l’intera realtà.
E infatti è tutta la intera realtà che – nel momento che è irrisa – è riaccettata. [...] L’idea della speranza nel futuro diventa un’idea irresistibilmente comica. La lucidità che ne consegue spoglia il mondo di fascino. Ma il ritorno ad esso è una forma di nuova nascita : l’occhio luccica di ironia nel guardare le cose, gli uomini, i vecchi imbecilli al potere, i giovani che credono di incominciare chissà che.
Il y a des personnes qui ne croient à rien, dès leur naissance. Cela n’empêche pas ces personnes d’agir, de faire quelque chose de leur vie, de s’occuper de quelque chose, de produire quelque chose. D’autres personnes, en revanche, ont le vice de croire : les devoirs se concrétisent devant leurs yeux en idéaux à réaliser.
Si un beau jour, ces derniers n’y croient plus – si ça se trouve, peu à peu, à travers une série successive, logique ou peut-être illogique même, de désillusions – voilà qu’ils redécouvrent ce ‘néant’ qui, pour d’autres, a toujours été, au contraire, si naturel. [...] je parle de ceux qui, un beau jour, faisant le bilan, en viennent à la conclusion, qu’ils ont découvert le ‘néant’ social. Aucun retrait du monde par conséquent : au contraire, une participation plus active : d’autant plus active qu’elle est faite de plus mauvaise foi, nécessitée par le manque d’alternatives, et comprise comme parodie. [...]
L’état d’esprit de quelqu’un qui vit cette expérience du monde, compris finalement comme néant, et accepté, avec une patience éclairée, dans la pratique – est la dérision.
Quiconque se moque du monde social, disons de la bourgeoisie conformiste qui sans rien comprendre passe d’une phase à l’autre, de la paix à la guerre, du bien-être à la dévastation, des habitudes à l’anéantissement total, ne peut pas s’empêcher de se moquer aussi de ceux qui savent cela. La dérision ne peut que concerner toute la réalité.
En effet c’est la réalité toute entière qui – au moment où elle est tournée en dérision – est acceptée. [...] L’idée d’un espoir dans l’avenir devient une idée irrésistiblement comique. La lucidité qui s’ensuit enlève au monde tout charme. Mais le retour au monde est une forme de renaissance : l’œil a un éclat ironique, quand il se pose sur les choses, les hommes, les vieux imbéciles au pouvoir, les jeunes qui croient qu’ils commencent Dieu sait quoi »
Pétrole, traduction René de Ceccatty, Paris, Gallimard, 1995, p. 419-42.
ADELE CAMBRIA (1931-2015)
Trasmissione radiofonica della Rai « Voi ed io ». Roma, 14 febbraio 1977 (ANSA/ ARCHIVIO)
La dernière fois que j’ai vu Adèle Cambria, elle venait de rentrer des Etats-Unis. Nous étions chez elle à Rome, réunissant encore Lina Mangiacapre et Elisabeth Grabli. Toute notre admiration-notre amitié (notre pasolinité aussi), et nos sincères condoléances à Luciano Valli. Et puis ces deux textes d’Adèle sur Lina que je reproduis in extenso. Publié le 6 Novembre 2015
Per Nemesi
Presentazione di « Pentesilea » di Lina Mangiacapre 21 Mars 1998, Napoli
Mi hai aggredita con la tua storia, così crudelmente intrisa del mito, delle passioni, della amore e della morte della Regina delle Amazzoni, Pentesilea. Intrisa, ma non mascherata. Parlando di lei, scrivendo di lei, hai infatti parlato e scritto di te e di noi, che ti siamo tutte, in un modo o nell’altro, “mancate”. Noi del “femminismo storico”, noi affascinate da te nel remoto 1971(era quello l’anno in cui ti ho visto a Napoli inventare-rappresentare la psicofavola di “Cinderella”?), noi che, in un modo o nell’altro, rischiavamo tutte di essere prese nel tuo sortilegio, e non parlo soltanto delle ragazze del tuo “tiaso” saffico, che tu abbellivi di nomi mitici, Dafne, Niobe, Elena e di chiome ondeggianti e pepli e collane di gelsomini profumatissimi, e soprattutto di “anima” (a molte di loro però, riconoscilo, Lina, non essere impietosa prima di tutto con te stessa, a molte l’anima che tu hai evocato da profondità fino a quel momento forse incoscienti, è rimasta, come dire, felicemente avvinta). No, non parlo di loro soltanto, parlo di me: giornalista in qualche misura già “nota”, all’epoca, donna ferita dall’emancipazione degli anni sessanta, irresistibilmente attratta dalla sfida che tu rappresentavi, e disposta a difenderla, facciamo una bella frase, “davanti al mondo intero” (quante volte mi sono sentita dire, nel movimento ma anche nella società letteraria romana, “ma come, ma perché, ma Lina, ma perché si veste in quel modo, ma tu sei una persona seria.”), eppure: anch’io volevo sottrarmi, scampare al sortilegio, soffrivo – te l’ho confessato più volte – di quella abissale “assenza di mediocrità” nella vita quotidiana che è il tuo marchio. Non sei sostenibile, Lina. Confessato questo sentimento di impotenza (insufficienza), lascio che Pentesilea-Lina-Nemesi irrompa attraverso le onde del tuo libro, consacrato alla Regina delle Amazzoni (ed a te, ed alla nostra storia di donne degli ultimi trent’anni circa), fino alle soglie della mia percezione letteraria: credo che questo, Lina, sia il tuo testo più compiuto, la tua scrittura più “legittima”, e che ti legittima, a mio avviso (ma non sono un critico) sulla scena letteraria e non soltanto italiana. Fin dal bellissimo incipit – “La pianura è disseminata di cadaveri di donne, pezzi di corazze brandelli di carne.” – che subito plana, dopo poche righe che mi ricordano il Flaubert di “Salambò” (l’abbiamo scoperto e amato insieme tanto tempo fa), verso il primo piano di te,Pentesilea-Lina-Nemesi, più che affacciata, proiettata verso il mare di Posillipo da quel sublime balcone che abiti (quando il tuo dolorante nomadismo te lo consente. Da quando è morto tuo padre, tu non viaggi più come facevi, trasognata e, devo dirlo, felice, in quella lunga interminabile stagione dell’adolescenza che la sua intelligente devozione ti assicurava, tu, da quella morte, erri). E subentra la tenera memoria infantile di quando volevi giocare con lui nel gran letto, ma lui ,troppo rispettoso dei ruoli, ti cedeva ad altri (immagino un medico), perché impietosamente manipolasse il tuo corpicino per guarirti di una malattia che, fin dai tuoi primi anni di vita, aveva un solo nome: intolleranza della “normalità” che per l’appunto uccideUccide le persone come te, voglio dire, ma la tua fortuna (per noi) e, forse, la tua condanna (per te), è che la tua rabbia non si spegne, così come la tua volontà di bellezza arde e divampa e continua, continuerà ad abbagliarci fin quando avremo occhi (purtroppo mortali). Per queste ed altre cose ancora – potrei commentare la tua “Pentesilea” riga per riga, stupende le parole di amore e poi di rabbia per Elena – noi ti diciamo grazie. Sì, anche noi che ti siamo “mancate”. Adele Cambria 14 luglio 1998
BYE FEMINA! 1998_2015
Publié le 7 décembre 2015
//Aux frontières, des hommes ont cousu leurs lèvres
Par Catherine Jourdan Mise à jour le 11 Mars 2016
Et la vie continue, feu nu mon fou ?
Et la vie continue, pénètre tout. Evocations pures.
La salle de ce restaurant est pleine d’une vie ardente des fragments de verre. L’heure d’hiver qui parfois accable la pesanteur. La vie continue, et bourdonne au bout de la ville. Le cri d’une mouette de nuit vieille parmi les pigeons.
La vie continue, les onyxs et les substances bleues. La vie continue à une amie qui vous oublie si fort. Et l’était. Qu’en pensent tes yeux ? On les voit jouir du soir, on les voit jouir du jour. Et la vie continue, saoule d’univers qui rit comme une enfant. Et la vie continue, manger dans la lenteur ou dort… Et tous les sons. Il perd son sang… Chaud encore et la mer s’élance.
Et la vie continue restaurée dans la régularité, présente dans une lumière de Paradis et les sifflets des trains. La pierre d’aimant danse et qui est immobile et le mouvement de ses plumes. Et la vie continue, la douleur rentrée et les stances de la flute à la terrasse d’un café. Meurt la peur.
Et la vie continue celle qui tourne, orpheline à peine sevrée. Peut-être l’oiseau couve, sa température s’élève. J’écoute le printemps prochain.
La vie continue, efface les lieux des couronnes sous les mares de sang augurales. Et la vie continue dans la paix des tombes dotées des passions humaines et l’inquiète source. Et la vie continue, je continue de t ‘élire. L’autre jour, tu resplendissais. Et la vie continue, un cœur mort a retrouvé ses battements. Et la vie continue, les monuments aux morts, les fenêtres ré-pavoisés et la militarisation de la vie et les incertaines transparences.
La vie continue, les dessins et les poèmes, les loupiotes et les bougies consumées, les fleurs mûries dans une serre, des bouquets dans de la cellophane, les photos de victimes… Un fonds documentaire et il fait jour.
Matérialiser l’inconcevable et les gages de larmes. Reprenons. Je n’ai pas compris tout de suite ce qui se passait. La chinoiserie musicale de jacques Offenbach. Ba-ta-clan ! Je réalise ce qui se passe. A peine l’ai-je deviné… J’étais aimable, élégante -Te souviens-tu… Couverte de poussières, je commence à voir des gens morts. La mezzanine élastique et les atttaches du trapèze et la réplique de tirs venue du balcon. D’autres sont serrés en boule. Leurs proies. La longue bâche blanche et nos muettes stupeurs.
Et la vie continue, les running de Ban Ki-Moon, et les talons aiguilles de Vivienne Westwood et les anneaux de leur message pour sauver ma progéniture. Qui déjà soupire.
Et la vie continue, le peu d’amis qui te rendent visitent dans ta maison.
Ta concierge, une voisine goutte à goutte. Et la vie continue. La mélodie de la ferveur, et le champ labouré et la justice climatique et ta page facebook. Qui replacent les bouquets, qui séparent les fleurs fanées des fleurs fraîches au mémorial spontané? Et la vie continue-la traversée de la vie, l’exposition de Christian Boltanski chez Marian Goodman dans une odeur de paille et de roses séchées qui enivre. Et la vie continue. Départ-Arrivée, balisés par deux installations de néons les grands rideaux contemplatifs sur lesquels sont imprimés des photos de famille-pour toute Porte… Et puis les bruits de clochettes : « la musique des astres et la voix des âmes flottantes ». Un doux carillon. L’idée de mémoire Faire-part dans un parterre de fleurs et qui s’altereront le temps de l’exposition. L’herbe souple misérablement coupée des prairies vertes. Et puis les paroles retrouvées que j’ai confiées à tes mains. Les clochettes elles aussi attaquées par l’érosion.
Et dans le mur ouvert, certains murs restent parsemés d’impacts de balles. Déjà des crèches napolitaines dedans les pastori et les présents passés, l’énoncé de l’humain dans le vieux jardin contient l’enfant terrible et les gestes de la danse et l’amour qui fixe des yeux et veille soigneusement.
Et tandis que s’avancent. Les gens les bêtes et les choses tout de suite. Je cherche un pays innocent dans l’illimité des nuits. Multipliant les leurres et les chiens errants. Aux frontières, des hommes ont cousu leurs lèvres.
Catherine Jourdan publié le 29 novembre 2015
DECEMBRE 2015
ANNE GOROUBEN
Mon Kafka
Éditeur Encre marine